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giovedì 7 agosto 2008

Maternità tutelata, maternità perseguitata

Un paio di settimane fa ho inviato ai quotidiani veronesi una riflessione sul caso della madre rom 'perseguitata' dalla sottosegretaria all'welfare On. Francesca Martini perchè sorpresa più volte a chiedere l'elemosina con in braccio la figlia di due mesi.
Ritengo che compito del Ministero dell'welfare sarebbe quello di offrire l'assistenza economica e sociale a tutte le madri e a tutti i bambini nei primi mesi di vita e che, probabilmente, questa donna era costretta a chiedere l'elemosina non avendo invece alcuna altra fonte di reddito.
Ma l'Italia non protegge il 'valore sociale della maternità'?

I quotidiani locali non hanno ritenuto utile questa mia riflessione, così ve la giro, sperando che in questa città 'proibizionista' rimanga qualcuno che ha voglia di tenere vivo un dibattito sui diritti e sullo stato sociale.
Grazie per l'attenzione
Titti Valpiana


La Convenzione sui diritti del fanciullo sancisce espressamente per ogni bambino e bambina il diritto a vivere liberi da condizioni di povertà e degrado. L'Italia, recependola, si è impegnata a rendere effettivi questi diritti indipendentemente dalla razza, dal colore della pelle, dal sesso, dalla lingua parlata, dalla religione professata e dall'origine nazionale, etnica e sociale del bambino o della bambina.
In questi giorni a Verona gli ‘anatemi’ e l’attenzione di autorevoli rappresentanti, che dovrebbero, tra l’altro, rendere effettivi i diritti conculcati dalla povertà (e che spesso parlano di ‘maternità’ in toni angelicati e del tutto ideologici) si sta concentrando nel ‘perseguitare’ una madre, rea, probabilmente, d’essere povera e di non avere altra risorsa che quella della mendicità per mantenere se stessa e la propria bimba.
Ma davvero si può seriamente pensare di intervenire su un problema di questa portata, umana e sociale, partendo dalla repressione, le segnalazioni, gli inseguimenti, le denunce invece che analizzando la situazione per capire come affrontarla? Davvero basta fare il gesto eclatante di una chiamata al 113 invece che ascoltare e sostenere? Le misure repressive e propagandistiche, come abbiamo visto dal fatto che la madre è stata fermata 4 volte negli ultimi giorni e altrettante rilasciata, nemmeno scalfiscono il problema. Non sarebbe più proficuo analizzare la situazione, liberi da pregiudizi e da condanne aprioristiche, per non aggravare la situazione ventilando ipotesi di sospensione della ‘potestà genitoriale’ invece che dare un sostegno a questa genitorialità?
Innanzitutto, va chiarito, senza confusioni dovute a ignoranza o studiate ad arte che cosa dice la legge, al proposito. In Italia “mendicare in luogo pubblico o aperto al pubblico” non è reato (l’art. 670 c.p. è stato abrogato, anche se i Comuni sembrano far a gara nel promulgare ordinanze che vogliono far credere il contrario), ma lo è avvalersi per mendicare di un minore di anni quattordici o permettere che mendichi o che altri se ne avvalgano (art. 671c.p., vigente) e questo per tutelare il minore e impedire che subisca gli stimoli negativi derivanti e dipendenti dall’attività di accattonaggio. Ma la Corte di Cassazione ha più volte ribadito (sentenze nn. 2597, 11863 e altre) che l’accattonaggio da parte di un adulto con il bambino neonato in braccio non è perseguibile penalmente, proprio perché il piccolo non è utilizzato direttamente nell’accattonaggio e non è in grado di percepirne gli aspetti diseducativi, né concretizza gli estremi del delitto di maltrattamenti in famiglia e verso i fanciulli (art. 572 c.p.).

Non conosco posto più giusto per una bimba di 2 mesi che stare tra le braccia e attaccata al seno della propria madre. Se una madre chiede l’elemosina portando con sé il proprio bambino, è una madre diversa dalle altre? E’ un neonato diverso dagli altri? Perché le risposte sono diverse? Opposte? Perché sono usati due pesi e due misure, da una parte la “mistica della maternità” e la celebrazione della famiglia, dall’altra il disprezzo se questi stessi valori sono incarnati nella cultura rom? Perché spaventare e criminalizzare le madri invece di domandarci se il nostro Paese tuteli o no la maternità, tutte le maternità, e perché quelle mamme non godano di alcun sostegno economico o sociale?
Mi pongo e pongo alcune domande ai solerti amministratori della ‘sicurezza’ senza le quali anche questo come molti altri problemi reali del nostro tempo e del nostro convivere diventano o cattiva ideologia punitiva o inerzia fatalista che non affronta e risolve nulla.
1. L’Italia è uno dei paesi con il più basso tasso di natalità nel mondo; è il paese in Europa con il maggior numero di donne che diventano madri per la prima volta dopo i 40 anni. Perché le donne d’etnia rom e sinta che hanno invece un tasso di fertilità altissimo e hanno il primo figlio in età poco più che adolescenziale non sono ringraziate e aiutate, quando fanno figli?
2. Molto ci si affanna ideologicamente sull’unità della famiglia. Perché, allora, pensare come prima soluzione all’allontanamento dei figli dai genitori? (A questo, probabilmente, pensa anche il Ministro Maroni quando parla di cittadinanza ai bambini rom ‘abbandonati’, sapendo bene che non ci sono bambini rom abbandonati, ma che spesso l’autorità decreta uno ‘stato d’abbandono’ invece che cercare soluzioni di sostegno.)
3. Tutti gli psicologi sono concordi nel ribadire l’importanza del contatto tra madre e bambino nei primi mesi di vita, del tenere i bambini in braccio e vicini a se durante le varie attività. Perché questo non vale se la madre è rom?
4. I nostri bimbi nei primi mesi di vita stanno insieme alla mamma e al papà mentre lavorano. Perché criminalizzare il fatto che per alcuni genitori l'unica fonte di reddito sia l'accattonaggio, e non fare alcuno sforzo per sostenere la ricerca di una fonte di reddito adeguata alle necessità della famiglia?
5. Nel campo rom di Boscomantico la precedente amministrazione di centro-sinistra, con l’aiuto dell’associazionismo no-profit, aveva creato uno ‘spazio-mamme’ in cui le donne potevano trovare momenti di socializzazione, d’aiuto per i piccoli problemi della crescita dei bimbi, di custodia di qualità quando avevano necessità di allontanarsi. Perché le giunte ‘della sicurezza’ non creano servizi simili se non vogliono vedere neonati ai semafori, perché non favoriscono con le graduatorie l’ingresso dei bambini rom al nido?
6. La letteratura scientifica è concorde sull’importanza da ogni punto di vista dell’allattamento materno e si fatica non poco per sostenere le madri. Perché si disincentiva se la donna è rom, chiedendole di non portare il neonato con sé?

Se il nucleo familiare in cui un bambino nasce e cresce è povero, economicamente e socialmente, e non è in grado di salvaguardare e garantirne tutti i diritti -e non vi è dubbio che la povertà metta in discussione ogni diritto- non è compito della società sostenere quei bambini e quelle bambine? I bambini sinti e rom, invece, in Italia vivono in povertà, in condizioni inadeguate, isolati in campi fatiscenti: crescono, insomma, seriamente svantaggiati.
I bambini hanno bisogno di cure, non solo quelle della famiglia, ma di tutta la comunità e da parte delle istituzioni: occorrono progetti di cura, non basati sulla sostituzione della famiglia ma sull’accompagnamento.
La facile scorciatoia della criminalizzazione della madre ha conseguenze sociali e politiche drammatiche e non aiuta certo i bambini a liberarsi dalle trappole dello svantaggio.
A quella bambina in braccio va garantita la possibilità di rompere il circolo vizioso di povertà, isolamento e pregiudizio attraverso politiche sociali ed economiche preventive. Se la maternità è un valore sociale, tutte le maternità hanno diritto a un sostegno sociale ed economico.
Uno stupido intervento repressivo causa solo danni, alla madre, alla bambina, alla società.

Tiziana Valpiana
24 luglio 2008

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